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Fondi, il comune solo commissariato dal Governo

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Il consiglio dei ministri elenca i traguardi raggiunti nel contrasto alle mafie ma non scioglie l’amministrazione pontina

Venerdì caldo per quanto riguarda i temi di mafia. Anche dal punto di vista istituzionale. Dopo le rivelazioni di Anno Zero sul caso Borsellino e sulla trattativa tra Stato e Mafia, oggi è il governo in prima persona a esporsi sul tema del contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Lo fa sciorinando dati e argomenti sull l’impegno antimafia da un lato, dall’altro ratificando decisioni opinabili sullo scioglimento del comune di Fondi.

Commissariamento, poi elezioni

Il consiglio dei ministri odierno oltre a elencare una serie di interventi portati avanti dall’esecutivo sulla repressione del fenomeno mafioso ha di fatto preso una decisione importante, e molto pesante, sulla questione che da mesi attanaglia il mondo antimafia: lo scioglimento per infiltrazioni dell’amministrazione comunale di Fondi.

In realtà le dimissioni, qualche giorno fa, del sindaco, avevano di fatto aperto le porte a un commissariamento per il comune pontino. Ciò che si attendeva era un pronunciamento definitivo che facesse capire la reale volontà politica di sciogliere un comune che la commissione di accesso prefettizia aveva dichiarato infiltrato dalla mafia. Di fatto il governo ha ratificato il commissariamento già in atto in atto per le dimissioni. Alle richieste del ministro dell’Interno di andare avanti per infiltrazioni mafiose, alcuni membri dell’esecutivo hanno risposto con una bocciatura. Roberto Maroni ha dichiarato che per il comune di Fondi si voterà a marzo: «Abbiamo scelto di ridare la parola al popolo sovrano piuttosto che imporre un commissariamento di 18 mesi». Elezioni a cui gli amministratori dimissionari, alcuni dei quali indagati, potranno ricandidarsi senza che pesi su di loro la “valutazione politica” che uno scioglimento per mafia avrebbe comportato.

Fondi, un pericoloso precedente

«Per Fondi ho preferito elezioni» dice Maroni. «Alcuni ministri erano contrari» ribatte Berlusconi, a suo fianco nella conferenza stampa. Di fatto l’anomalia del comune pontino non sciolto racchiude un precedente pericoloso: un’amministrazione ritenuta collusa da una commissione di accesso che si dimette e senza problemi pochi mesi dopo può ritornare in sella.

Il referente di Libera Lazio Antonio Turri, da anni richiama l’attenzione sui comuni del sud pontino e non ha dubbi nel valutare la decisione: «Si tratta di un precedente unico, un caso che farà “giurisprudenza” sul caso. Se c’è una amministrazione collusa basta dimettersi e andare a nuove elezioni dove la stessa amministrazione può essere rieletta». E liquida la sfilza di arresti che il governo vanta come pedigree antimafia: «Contro la mafia ha lavorato la magistratura, hanno lavorato le forze di polizia, corpo indipendente dalla politica, per cui se qualcosa il governo poteva fare, doveva farlo in ambito politico e il caso Fondi dimostra che non l’ha fatto».

Libera Informazione ha contattato telefonicamente Giovanni Di Martino, sindaco di Niscemi, alla cui guida è salito dopo il secondo scioglimento per mafia del comune siciliano. Il primo cittadino, attualmente impegnato in Avviso Pubblico, il coordinamento di Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie, non ha dubbi: «Si tratta di una oscenità, le dimissioni sono arrivate per evitare il pronunciamento del ministero. Qui a Niscemi il secondo scioglimento avvenne dopo che l’amministrazione era decaduta e c’era già un commissario- continua Di Martino- perchè la logica e il valore che porta avanti una azione politica del genere ha grande importanza e dà una valutazione di fatto anche se l’amministrazione è già caduta».

Un marchio indelebile e doveroso alla connivenza: «In questo modo si dà un segnale forte, in un terreno democratico minato si dà possibilità al tessuto malato di rigenerarsi».

Governo antimafia: le battute del premier, gli arresti, lo scudo fiscale

Maroni durante la conferenza stampa, ha inoltre presentato ed illustrato al Consiglio un dossier sulle misure antimafia finora adottate dal Governo. Fra i principali campi di azioni quello sull’aggressione dei patrimoni mafiosi, con la distinzione fra i provvedimenti a carico del mafioso e la destinazione dei suoi beni, che dopo la confisca non potranno più essere restituiti agli eredi. Manca tuttavia quanto Maroni aveva promesso: un’agenzia centrale per la gestione dei beni confiscati. Dopo l’insediamento il ministro dichiarava: «il Governo darà parere favorevole all’istituzione di questa agenzia, e ove ve ne fossero, anche ad altri emendamenti che mirano rafforzare la lotta alle mafie». Allo stato attuale non v’è traccia. Sempre sul contrasto il governo ha ricordato l’inasprimento delle pene per chi partecipa ad un’associazione mafiosa anche straniera e il rafforzamento delle competenze delle Procure distrettuali e della DIA in materia di misure di prevenzione. Nonché la creazione del Fondo unico giustizia nel quale confluiscono le somme sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati e, per contrastare l’infiltrazione mafiosa negli appalti, si introduce la possibilità di controllare i cantieri dei lavori pubblici tramite il potere di accesso dei prefetti; viene infine ampliata la categoria dei soggetti (intermediari finanziari, agenzie di mediazione mobiliare, etc.) per i quali saranno possibili accertamenti per verificare il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Gran parte è stata data alle operazioni portate a termine: 335 le operazioni di polizia giudiziaria (con un incremento del 40%); 3.479 gli arresti (+ 26%); 270 i latitanti tratti in arresto (+91%); sequestrati beni per un valore totale di 5.372 milioni di euro (+52%); confiscati beni per un valore complessivo di 1.512 milioni di euro (+ 304%). Al punto che il premier si è concesso una battuta: «A me come mafioso non mi hai ancora preso» invitando il ministro ad andare avanti nella lotta alle mafie.

Tema sul quale il governo si è esposto spesso ultimamente: oltre al caso Fondi, è di pochi giorni fa anche la decisione di approvare lo “scudo fiscale”, rendendo operativo il rientro dei capitali illecitamente depositati all’estero. Un governo attento al fenomeno non avrebbe certo ignorato l’aspetto del riciclaggio perseguendo politiche antimafie anche sul piano economico e non solo su quello repressivo.

Letizia Palmisano Giornalista Ambientale

La sostenibilità non è solamente nel saper fare, ma anche nel far sapere. Letizia Ecoblogger e giornalista ambientale