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Da dove nasce Riscarti e qual è il sogno nel cassonetto: ce lo racconta Marlene Scalise

Seppure la mia strada si sia più volte incrociata con quella di Marlene Scalise, siamo riuscite a fare quattro chiacchiere con calma per la prima volta solo nel corso di una presentazione del mio libro.  Tuttavia seguivo il suo lavoro da tanti anni perché è lei l’ideatrice di una mostra molto particolare che si tiene a Roma ovvero “Riscarti” che, come chi mi segue sa, quest’anno mi ha anche avuta come ospite! Siccome Riscarti oramai c’è da una decina di anni a Roma, ero curiosa di sapere da dove nascesse e dove… vuole arrivare. Allora la cosa più facile è stata di intervistare Marlene!

Marlene ha deciso di lanciare Riscarti nel 2013 una volta tornata da Barcellona. Proprio l’ aver vissuto nella città catalana l’ ha ispirata profondamente nel lavoro romano. “Sai che a Barcellona arredavo casa gratis?” mi ha detto parlando di quei tempi e di come, dopo sette anni e sei traslochi, aveva maturato nuove idee sull’upcycling e sui modelli di economia circolare. 

Grazie al suo racconto ho scoperto che a Barcellona chi deve disfarsi dei cosiddetti rifiuti ingombranti (es. un mobile, un lampadario, un quadro o uno stendino), in determinati giorni e in orari serali, può lasciare ciò di cui non ha bisogno nei pressi di alcuni cassonetti per la raccolta urbana senza necessità di richiederne preventivamente il ritiro (come, ad esempio, avviene a Roma). “Prima del passaggio degli addetti alla raccolta, la sera uscivo con una lista dei desideri e ci recavamo nei quartieri “ricchi” dove sapevamo di trovare roba di qualità e funzionante” mi ha svelato spiegandomi come questa lì fosse un’usanza diffusa. 

Dimmi cosa butti e ti dirò chi sei

Io che allo andare nei negozi dell’usato mi faccio una idea delle comunità locali in base a ciò che i mercatini propongono in zona, a partire dai libri. Mentre chiacchieravo con Marlene, lei mi suggerisce un altro interessante punto di osservazione:

“Studiare i quartieri analizzando i rifiuti che vengono gettati dai loro residenti è un’abitudine che ho ormai consolidato. Ho iniziato, infatti, ad osservare cosa si trova intorno ai cassonetti del mio quartiere perché sono un po’ le nostre necropoli contemporanee: puoi leggere cosa accade nelle società del consumo dagli scarti di ciò che è stato usato e buttato”. 

Constatando quanti e quali materiali finiscono nei bidoni della spazzatura le nasce così l’idea di organizzare a Roma un festival dedicato al riciclo creativo ed artistico che, nel 2013, si concretizza con “Riscarti”.

Gli artisti e la possibilità di esporre a Riscarti

Chi può partecipare a Riscarti? L’invito è diretto a tutti ed è gratuito: si parte dagli artisti quotati per poi arrivare a chi, invece, è ancora completamente sconosciuto o, addirittura, alle prime armi.

Ai fini dell’ammissione al concorso, l’opera deve essere realizzata obbligatoriamente con materiali di scarto e quindi non nuovi.

I rifiuti possono essere utilizzati in maniera decontestualizzata, ribaltando la prospettiva dell’uso o della funzione originaria, elevandoli ad opere d’arte. È possibile inoltre proporre un restyling di vecchi oggetti per farli tornare a nuova vita con uno stile contemporaneo.

Una regola, poi, deve essere rispettata senza possibilità di deroghe: le opere non devono diventare esse stesse un rifiuto speciale non riciclabile e quindi devono essere “scomponibili”, disassemblabili affinché tutti i pezzi possano essere riutilizzabili e quindi avere una seconda vita e ciò che originariamente era riciclabile (come bottiglie di plastica o cartoni) possa essere conferito nella raccolta differenziata”.

Riscarti, la vetrina

Riscarti diviene una vetrina sotto tutti i punti di vista perché le opere possono anche essere messe in vendita dagli artisti che le hanno create. 

Negli anni la mostra – che già offre ai visitatori la possibilità di osservare un concentrato di opere d’arte e, al contempo, di prendere parte ad un evento multidisciplinare che consente di imparare qualcosa di più su sostenibilità, riciclo ed economia circolare – è diventata anche occasione di networking. Mi racconta, infatti, Marlene che proprio grazie a questa iniziativa sono nate una serie di collaborazioni tra artisti, aziende ed enti locali. In un’occasione, ad esempio, Atac (l’azienda dei trasporti urbani della Capitale) mise a disposizione trecento sedili non più utilizzabili e, grazie al passaparola, diversi artisti hanno potuto creare interessanti opere e progetti utilizzando questi “scarti”.

Il Sogno nel cassonetto

Al termine di ogni edizione Marlene Scalise sussurra “che soddisfazione, questa può essere l’ultima”. Tuttavia, dopo un po’, scatta la voglia di ripartire e nel cuore e nella mente di Marlene si affacciano nuove idee per l’edizione successiva. Se potessimo fare un salto nel tempo ed esprimere un desiderio, nei suoi occhi vedremmo un’esposizione permanente collegata ad un centro di riuso nel quale gli artisti possono recuperare i materiali da utilizzare. Il tutto arricchito da molteplici attività come le visite guidate delle scuole,  laboratori, occasioni di incontro con cittadinanza, enti locali, aziende per fare assieme una comunità… ovviamente sostenibile!

Letizia Palmisano Giornalista Ambientale

La sostenibilità non è solamente nel saper fare, ma anche nel far sapere. Letizia Ecoblogger e giornalista ambientale