Social media & web 2.0

Da Nimby a Yimby: come i social possono essere di supporto nella strategia di comunicazione

Cosa c’entrano i social network con il fenomeno Nimby? Come si può passare da una disapprovazione sociale (di progetti utili) a Yimby (o Pimby) ovvero Yes in my back yard?

Questa domanda mi è stata posta più volte in particolar modo in relazione a progetti green innovativi e per questo poco conosciuti per i quali è capitato siano sorti malumori (per non parlare di veri e propri comitati contro) che hanno generato tsunami sul web e i social.

Qualche mese fa, per l’uscita del volume Biowaste tra ripresa e resilienza edito da Edizioni Ambiente (2021) ho avuto modo di mettere nero su bianco ciò di cui spesso parlo nelle lezioni dedicate a questi temi, focalizzato – nel capitolo del libro – su un tema specifico: Da Nimby a Yimby: come i social possono essere di supporto nella strategia di comunicazione di un impianto di compostaggio.

Sebbene il mio articolo riguardi specificamente tali tipologie di impianti, alcuni principi possono essere validi anche in altri ambiti. L’intero capitolo è consultabile all’interno del volume. Ho voluto però qui riprendere alcuni temi, riportare degli estratti (riportati tra «») e aggiungere alcune note stimolate anche dall’attualità

«Con l’acronimo Nimby (Not In My Back Yard, letteralmente la traduzione è “non nel mio cortile sul retro”) si indicano quei conflitti locali che nascono in opposizione a scelte ritenute calate dall’alto col timore che comportino effetti negativi sul proprio territorio. Tale convinzione può non basarsi su una consapevolezza dei fatti, bensì discendere da una spinta emotiva e quindi irrazionale. Al giorno d’oggi uno dei luoghi di sfogo di tali paure e al contempo di aggregazione di persone che abbiano in comune gli stessi timori, è proprio la rete e, nello specifico, i social network».

La risposta in tali casi non può essere solamente relegata al piano social (almeno a me non è mai capitato) come è anche importante che esistano dei canali ufficiali «Rimanere lontani dai social non ci terrà al riparo dalle critiche e dagli attacchi. Anzi, non ci consentirà di monitorare quanto accade e, qualora fosse necessario, di intervenire in modo efficace».

Vediamo quindi assieme perché all’interno di una più ampia strutturazione di percorsi di sensibilizzazione, partecipazione e coinvolgimento dei cittadini anche i cosiddetti media 2.0 media 2.0 svolgono un’importante funzione per l’accettabilità sociale dell’opera. 

Alcune persone non accettano i cambiamenti e fanno ricostruzioni proprie della realtà

«Partiamo da un presupposto: molte persone non accettano i cambiamenti e ciò accade soprattutto quando questi mutamenti avvengono a pochi metri dalle loro abitazioni. Quante volte avete letto, magari sui social network, centinaia di post e di apprezzamenti sulle evolute città del nord Europa dove le auto vengono sostanzialmente lasciate fuori dal centro abitato e le strade sono dedicate alle ciclabili? Vi invito a confrontarli con le reazioni nei gruppi facebook “di quartiere” delle grandi città trafficate quando vengono pianificate delle ciclabili che restringono carreggiate o impongono sensi unici ai veicoli a motore: troverete un diffuso rifiuto al cambiamento (a prescindere dalla fattibilità del progetto).

(…)»

Pensiamo al film Don’t look up in cui è l’irrazionalità a vincere e l’umanità a perdere. Al di là delle metafore e dei film, basterebbe vedere la gestione del Covid in molti Paesi e al contempo leggere i commenti di alcune persone anche negli Stati più virtuosi per rendersi conto di come tutto ciò sia molto più comune di quel che si pensi.

L’importanza del dialogo e della partecipazione (offline e online)

«(…) Nell’analizzare perché anche idee virtuose vengano respinte dalla collettività, non di rado emerge come sia mancato un percorso partecipativo e di ascolto con la popolazione o di parte di essa. È infatti necessario valutare ove le persone si informino e confrontino. Per alcune di loro, in tutto o in parte, il canale privilegiato è il web, inclusi i forum territoriali che nascono spontaneamente sui principali social.

Bisogna lavorare per strutturare un dialogo ed un percorso partecipato a livello territoriale contrastando la diffusione di tutte quelle fake news, frutto spesso di errata informazione, e informando i cittadini in modo corretto affinché partecipino attivamente nel percorso di autorizzazione e realizzazione di tali impianti. In questo lavoro i social possono avere un ruolo chiave».

Stiamo ovviamente parlando di impianti e interventi virtuosi, che apportino benefici alla collettività. Dando corrette informazioni e contrastando le fake news potremo rendere le persone consapevoli e “alleate” nell’accettazione dell’opera.

Cosa c’entra il Nimby con i social network

«(…) Una gran parte dei cittadini finisce per informarsi attraverso le fonti cosiddette “algoritmiche” ovverosia in base alle notizie che appaiono loro “proposte” da motori di ricerca (come Google news) o in quanto apparse nei cosiddetti “feed” e cioè nei flussi di notizie sulle bacheche dei principali social network.

(…)

Secondo il report Edelman (Edelman Trust Barometer, ndr), i social rimangono inoltre una fonte affidabile per circa il 35% della popolazione (sebbene tale percentuale sia più bassa rispetto a quella registrata in passato).  Su tali portali le comunicazioni tra utenti avvengono direttamente e quindi, a differenza della divulgazione effettuata da giornalisti, esperti o pubbliche amministrazioni, si assiste alla cosiddetta disintermediazione delle fonti.

I social hanno pertanto un’elevata capacità di penetrazione nella popolazione che, in gran parte, si informa attraverso questi canali, i quali, per una fetta consistente di utenti, costituiscono fonti  di notizie “certe”. Al contempo è alto il livello di fiducia nelle news riportate “dalla persona comune, simile a noi” la cui autorevolezza è spesso parificata a quella di un tecnico o un esperto. Capire le dinamiche della rete e tenerle in conto all’interno di una strategia di informazione per opere che possono essere soggette al Nimby non è assolutamente rinviabile.

(…)»

Pensiamo a quante volte ormai sentiamo dire che uno si è laureato all’università della strada o su facebook… proprio per ironizzare sul fatto che molte persone danno affidamento a ciò che leggono sui social network.

Monitorare le discussioni sulla rete

«I social network vanno inseriti in una strategia integrata di informazione, comunicazione e dialogo con stakeholder e cittadinanza. Sono un tassello molto importante nel garantire la trasparenza e monitorare eventuali situazioni di dissenso per costruire un clima di consenso.

Vediamo a tal riguardo alcuni consigli operativi.

Il primo step è il monitoraggio del web ovverosia l’ascolto della rete – in questo caso specificamente i social – per poter verificare se esistano sul progetto (o su tipologie similari nella zona) discussioni in corso e, in caso positivo, analizzarne il cosiddetto “sentiment”. È essenziale mettersi all’ascolto delle comunità locali per poter individuare strumenti efficaci di dialogo sociale tra le diverse componenti.

Si potranno ad esempio monitorare

  • Gruppi 2.0 (es. Facebook e Linkedin). (…)
  • Pagine e Profili stakeholder. (…) 
  • Hashtag. (…)

L’ascolto della rete potrà far emergere le reali paure, i bisogni di informazione, i fraintendimenti e le fake news che girano per dare risposte ed intervenire prima che il fiocco di neve diventi una valanga».

Preparare la cassetta degli attrezzi della comunicazione 2.0

«(…)È opportuno iniziare a preparare per tempo una «cassetta degli attrezzi» virtuale per realizzare uno storytelling informativo che possa prevenire (o attutire) eventuali notizie false ed illustrare, nel contempo, la corretta versione dei fatti. 

Accanto a documenti tecnici, comunicati stampa e report, si suggerisce di realizzare una serie di materiali informativi idonei ad essere divulgati sui social come, ad esempio, immagini, infografiche e video brevi per favorire la comprensione dell’opera. È necessario ricordare che esistono target e sensibilità diverse e quindi, per far comprendere un medesimo messaggio, è spesso opportuno che esso sia declinato in contenuti differente (ad esempio testuale e visivo con infografiche e video e diversi livelli di spiegazione). 

I materiali realizzati, per essere efficaci, dovranno trasmettere un messaggio chiaro, veritiero, immediato (soprattutto se declinati per i social) e trasparente per catturare l’attenzione nei tempi e con le modalità proprie di tali canali di comunicazione. Un aspetto da curare in dettaglio sarà il linguaggio che dovrà essere di inequivocabile comprensione. È opportuno sottolineare i punti di forza (economici, ambientali e sociali) dell’opera senza mai diffondere informazioni false:  la credibilità del soggetto divulgatore deve rimanere un prerequisito essenziale. Per creare un clima di fiducia il dialogo e la trasparenza sono basilari»

La cassetta degli attrezzi social è davvero l’ABC per ogni situazione di social crisis management che possa generarsi tenendo ben presente la definizione della catena di responsabilità per i casi più gravi come l’utilità di svolgere alcune simulazioni di situazioni di crisi 2.0 per il personale addetto alla gestione dei conflitti social. 

(…)».

Tutto ciò potrà consentire interventi più tempestivi, con (più) risposte opportune e (il più possibile) corrette, minimizzando eventuali danni reputazionali ma soprattutto aiuterà le persone a capire perché anche a loro dovrebbe stare a cuore l’opera che state portando avanti.

 

Letizia Palmisano Giornalista & Social media Manager

Sono giornalista e social media manager, influencer strategist specializzata nella crossmedialità della comunicazione, in particolar modo grazie agli strumenti del web 2.0, quali i social network. La mia attività professionale spazia dal giornalismo alla consulenza nel mondo della comunicazione 2.0. Svolgo, inoltre, attività di formazione e docenza in tali campi. Vincitrice 2018 del Macchianera Internet Awards come influencer dell'economia circolare